La Memoria e le bufale.

Per tutta una serie di ragioni sulle quali non mi soffermo, sul mio profilo Facebook compaiono diversi ‘amici’ in realtà mai visti di persona e sostanzialmente sconosciuti,  per cui talvolta mi capita di cancellare dei contatti non appena li scopro sostenere idee che a mio parere travalicano il legittimo rispetto della diversità di opinione. Il 27 gennaio – il giorno della Memoria delle vittime della Shoah – una di queste conoscenze puramente virtuali ha condiviso un meme che ha circolato in Rete con una certa viralità:

 

bufala_schiavismo

Ovviamente non c’è molto da discutere riguardo all’antisemitismo di una persona che raffigura un ebreo-aguzzino nel modo più stereotipato possibile, tuttavia il sentimento vuole darsi una parvenza di oggettività ed empiricità; poche cose sono peggiori dell’odio che desidera ammantarsi di scientificità e rigore.  Dando un’occhiata ai commenti, essi si dividevano sostanzialmente in due categorie, chi sosteneva ‘chi la fa l’aspetti’ e chi rimarcava l’assurdità del ragionamento, vista la totale estranietà degli ebrei perseguitati nello schiavismo americano. Nessuno però – e sottolineo nessuno – ha osato mettere in discussione la veridicità della tabella, malgrado evidenti incongruenze. In particolare, gestire un fenomeno come la tratta degli schiavi americana con solo quindici imbarcazioni sarebbe stata impresa impossibile persino disponendo delle maggiori navi da carico oggi esistenti.

Ho cercato allora informazioni sulla fonte, il libro di Elizabeth Donnan, trovando il testo interamente disponibile on line nella open library di una università statunitense. Si scopre che la ricercatrice ha stilato una lista di tutte le navi negriere in partenza da New York e il New Jersey tra Seicento e Settecento, peccato che le imbarcazioni censite siano non 15 (quindici) bensì 693 (seicentonovantatre), contate una ad una con il ditino dal sottoscritto. Se la matematica non è un’opinione, si scopre che solo il 2,2 delle navi avevano proprietari ebrei, mentre il restante 87,8% era composto da cristiani cattolici o protestanti di origine europea (quindi, se l’Olocausto hitleriano è stata la punizione storica per i negrieri ebrei, proporzionalmente l’Europa sarà devastata a breve da un’apocalisse nucleare o dalla caduta di un asteroide?).

Come se non bastasse, la ricercatrice, non essendo razzista, non ha in alcun modo menzionato le origini etniche e religiose degli armatori: da dove le ha dedotte allora il brillante autore del meme? Certo, Moses Levy e Jacob Franks sono nomi giudaici abbastanza stereotipati. Ma che dire di James De Woolf, Henri Cruger e dei fratelli Roosevelt? Dopo qualche ricerca on line, ho scoperto che alcuni di loro hanno ricoperto cariche politiche a livello locale e federale, un fatto abbastanza bizzarro visto che nelle prime comunità angloamericane ha sempre serpeggiato un forte sentimento anti-ebraico. Wikipedia inglese dedica una pagina a ciascuno di loro, ma non si fa riferimento a un’eventuale appartenenza giudaica. Insomma, è probabile che i proprietari ebrei di navi negriere fossero in realtà due o tre, un fatto che ovviamente esula dall’assurdità di utilizzare quel pretesto per giustificare l’Olocausto.

Quando mi capita di confutare questo genere di bufale da una parte provo una naturale soddisfazione specialmente se, come nel caso in questione, molte persone poi cancellano il meme e mettono in guardia sulla sua falsità; allo stesso tempo, sono però colto da un grandissimo senso di sconforto. Per diffondere bugie capaci di far presa sulla pancia della gente bastano pochi minuti, estrapolando magari alcuni fatti veri (come in questo caso) e strumentalizzandoli. Per smontarle, invece, serve molto più tempo e disponibilità dall’altra parte dello schermo a leggere un testo che superi le cinque righe, non proprio la norma sui social media. Per persone stressate, oberate dal lavoro e dagli impegni familiari, è troppo più semplice cliccare rabbiosamente sul mouse o sul display dello smartphone e farsi fuorviare dai messaggi truffaldini di gente che invita a ‘pensare con la propria testa’ o, come in questo caso, a ‘vederla con i vostri occhi’ . E basta condividere una bugia un milione di volte per trasformarla in verità.

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