Tra Cenere, Dolore e Ricordi

Auschwitz - Fotografia scattata il 13 ottobre 2016 da Venturi Michela
Auschwitz – Fotografia scattata il 13 ottobre 2016 da Venturi Michela

Camminare sugli stessi passi di chi molto tempo prima è stato lì, ma non per una semplice visita; entrare nelle baracche e immedesimarsi nelle disastrose condizioni di vita, salute ed igiene; visitare le rovine dove chi, durante la sua permanenza, ci ha lasciato la vita; e pensare che è frutto dell’uomo: è triste, ma tutto questo e molto altro è Auschwitz. Si può definire come il più grande cimitero a cielo aperto del mondo, ed è solo visitandolo che si può non dimenticare la storia passata. Un intero popolo sterminato, nessuno escluso, neppure i bambini, che anzi erano considerati un acerrimo nemico per la razza ariana. Illusi, maltrattati, soffocati e poi bruciati: era questa la strada se eri un Ebreo.

Varcare l’entrata che fino a qualche tempo prima si era vista solo nelle foto dei libri di storia, e visitare quei blocchi dove si è potuto percorrere la storia di un intero popolo ridotto in fumo, ha creato in noi stupore, ma anche molto dolore.

Auschwitz I, centro amministrativo di un’intera strage. Era proprio varcando la porta con la scritta “Arbeit macht frei” che si entrava nel campo di concentramento e si percorreva l’agonia verso la morte. 28 blocchi dove circa 70 000 persone, per lo più intellettuali polacchi, prigionieri di guerra sovietici, oppositori politici, furono uccise, nella camera a gas ricavata nell’obitorio del crematorio, se non morivano prima a causa delle impossibili condizioni di lavoro, colpiti dagli spari, per percosse, torture, malattie, fame ed esperimenti medici disumani. Il dolore che si attraversa visitando il campo e i blocchi, diventati museo per la testimonianza della Shoah, non è comparabile a quello provato entrando a Birkenau.

2,5* 2 km di campo di sterminio, nemmeno dalla torretta principale si riesce a vedere la fine all’orizzonte, mentre chi ci è passato la fine l’ha vista e anche molto presto, due/tre mesi al massimo poi ridotti in cenere. I prigionieri venivano trasportati fino all’interno del campo da treni merce, senza finestre, senza posti comodi su cui sedersi, senza aria per vivere. Chi non moriva riusciva ad entrare e forse a passare la prima selezione, ritardando il passaggio all’aldilà. Infatti, appena scesi dal treno venivano separati in uomini, donne e bambini, dove i più deboli di questi, inconsapevoli del loro destino, attraversavano il campo per arrivare al di là del bosco dove sono situati i forni. Camminavano con disinvoltura, tranquillità, la stessa con cui si cammina oggi per andare al lavoro o a scuola, magari stanchi dal viaggio ma fantasticando sul nuovo futuro, inconsapevoli che il loro fato era segnato e che a nemmeno un’ora dall’ arrivo sarebbero diventati cenere e parte integrante dei fumi di scarico delle ciminiere.

Agghiaccianti gli sguardi che abbiamo notato sulle foto scattate a pochi minuti dalla morte, all’interno del museo; agghiacciante Birkenau stesso, considerato da noi una vera macchina della morte, è proprio come lo aspettavamo, come lo rappresentano nei film: filo spinato, blocchi decadenti e tanta tristezza che ci percorreva in tutto il corpo; agghiaccianti gli sguardi stupiti, impauriti e dubbiosi dei nostri compagni di viaggio che sembrava volessero dire: “ è successo davvero?”. Ebbene sì, è successo davvero.

Non bisogna dimenticare, non si può scordare una tragedia così importante. Il viaggio che abbiamo compiuto, deve essere il fondamento da tramandare alle generazioni future, affinché non si ritorni di nuovo sugli stessi passi di chi ha escogitato tutto questo. La storia si può ripetere, ma aver visto e  aver provato anche solo un miliardesimo del dolore  provato in quelle condizioni estreme, ci fa capire che bisogna fare in modo che altre vite non vadano sprecate.    

Visitatore, osserva le vestigia di questo campo e medita: da qualunque Paese tu venga, tu non sei un estraneo

Fa che il tuo viaggio non sia stato inutile, che non sia stata inutile la nostra morte.

Per te e per i tuoi figli, le ceneri di Oswięcim valgono di ammonimento:fa che il frutto orrendo dell’odio, di cui hai visto qui le tracce, non dia nuovo seme, nè domani né mai.

Primo Levi

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