VIAGGIO NELLA RAVENNA ANTICA

Ravenna, la nostra meravigliosa città, cela per le strade che percorriamo quotidianamente, tesori di incommensurabile valore storico e artistico. Città dalla storia millenaria, affascinò poeti, scultori e addirittura imperatori. Per tale motivo la nostra classe ha partecipato ad un’attività didattica, organizzata e diretta dal nostro insegnante di Lettere, prof. Roberto Manetta, per riscoprire e approfondire la storia di Ravenna. Il percorso si è articolato in una serie di lezioni in classe propedeutiche ad una visita a luoghi e siti di interesse storico, archeologico ed artistico che si è svolta il 28 aprile 2016. L’itinerario ha previsto il seguente percorso:

  • San Giovanni Evangelista: illustrazione della basilica e del quartiere in cui era stato edificato l’edificio;
  • Via di Roma: spiegazione della Fossa Augusta e della Platea Maior;
  • Illustrazione della Piazza del Popolo e di alcuni capitelli provenienti da una basilica scomparsa di epoca teodericiana. Spiegazione sulla politica a Ravenna e sulla campagna edilizia promossa da Teoderico;
  • via IV Novembre e San Michele in Africisco;
  • Via Salara, il Ponte di Augusto e il percorso dei fiumi in epoca antica;
  • Santa Croce e gli scavi archeologici, il c. d Mausoleo di Galla Placidia, Santa Maria Maggiore e San Vitale. Il quartiere romano residenziale.

La fondazione della città si associa alla popolazione greca dei Tessali, la quale si imbatté in un’area sabbiosa e paludosa ma facilmente difendibile. Volendole attribuire una nascita leggendaria, col tempo si creò il mito di un insediamento iniziale da parte dei pronipoti di Noè, arrivati dalle acque tramite navi: da qui il nome conferito al principio alla città: Navenna, dal latino navis, appunto nave. Questo toponimo subì in seguito una corruzione linguistica e fu trasformato in Ravenna, attraverso l’aggiunta del prefisso Rav derivante dall’infinito del verbo greco “rhein”, che indica lo scorrere delle acque.

Il nostro itinerario parte dal quartiere che, durante il periodo da capitale dell’Impero Romano d’Occidente, era riservato alle guarnigioni delle guardie imperiali. Esso veniva chiamato Scudrium ed è attualmente riconducibile alla zona adiacente alla stazione. Qui sorge la più antica chiesa paleocristiana pervenutaci, risalente alla reggenza di Galla Placidia: la basilica di San Giovanni Evangelista. Tale disposizione era analoga a quella di Costantinopoli, dove nel quartiere Hebdomon era stata edificata la chiesa di San Giovanni Teologo.

Ritornando alla basilica ravennate possiamo apprendere la lunga storia riguardante il motivo della sua costruzione: poco dopo la morte di Onorio nel 423, Galla Placidia, rifugiatasi a Costantinopoli a causa di contrasti con il defunto imperatore, decise di tornare a Ravenna. Durante il viaggio, che seguiva la via Egnatia, un percorso di terra che collegava Salonicco a Durazzo, località da cui l’Augusta si sarebbe imbarcata. In aperto mare Adriatico si trovò nel bel mezzo di una terribile tempesta. Galla Placidia invocò l’intervento del Santo, noto per essere considerato il protettore dei naviganti dai pericoli del mare: qualora fosse scampata alla tempesta, avrebbe fatto erigere un edificio in suo onore, una volta giunta a destinazione sana e salva.

San Giovanni Evangelista era uno degli apostoli di Gesù. Ritiratosi ad Efeso, dove si racconta ebbe l’ispirazione per la scrittura dell’Apocalisse, fu poi deportato a Roma, dove rimase miracolosamente illeso dalle torture. Durante il suo ritorno ad Efeso naufragò e rimase in balia del mare per 40 giorni e 40 notti. Da qui il Santo fu identificato come protettore dei mari, motivo per cui Galla Placidia invocò il suo intervento.

La chiesa fu eretta tra il 424 e il 434. All’entrata si può notare un vistoso portale gotico. Su di esso è scolpita una scena che ritrae Galla Placidia, Barbaziano e San Giovanni, nel momento in cui, secondo il mito, il Santo apparve ai due e lasciò un sandalo come sua reliquia. Il portale, come gran parte della basilica, fu gravemente danneggiato dai bombardamenti del 1944: presto restaurata, riaprì nel 1951. La chiesa è a 3 navate suddivise da 24 colonne in marmo. In origine, l’edificio era ben più piccolo; successivamente, intorno al VI secolo, il nartece fu inglobato nella chiesa stessa. Sono ancora visibili segni della sua presenza nelle pareti interne della basilica. In fondo alla navata si apre l’abside dov’è collocato l’altare. La sua forma interna è semicircolare ma poligonale esternamente. Secondo una tradizione architettonica, tipicamente, costantinopolitana è orientata a Levante, a rappresentare la nascita del Sole, l’origine e la vita.

La basilica subì molteplici sopraelevazioni, a causa del fenomeno della subsidenza., il naturale abbassamento del terreno verso la falda idrica. Durante il V secolo la pavimentazione fu riccamente decorata con marmi policromi. Furono successivamente composti nuovi rivestimenti pavimentali tra il VI e il VII secolo, forse nell’XI e sicuramente nel XIII.

Due pannelli addossati alla parete della navata destra sono risalenti al VI secolo; presentano un tema geometrico a tessere bianche e nere di marmo e rosse in mattoni. Nel 1765 l’archeologo Antonio Zirardini fu presente al rinvenimento di un pavimento alla quota di 1,75 metri da quello attuale, rappresentante animali, umani ed elementi vegetali. Questo strato viene attribuito al periodo medievale. In altri pannelli sono visibili mosaici riferiti alla IV Crociata. Infine alcuni riquadri raffigurano animali reali e fantastici. In essi manca qualsiasi rapporto prospettico e le figure hanno forme e linee semplici e quasi infantili, perché composti da artisti locali e dilettanti quando, secoli dopo la fine dell’Impero Romano d’Occidente, intorno al XIII secolo, i capitali di denaro a favore della basilica diminuirono notevolmente.

La nostra visita ora si dirige verso Piazza del Popolo e le vie ad essa limitrofe. Essa venne edificata dai veneziani alla fine del XV secolo; le sue dimensioni vennero definite negli anni 1470-80, successivamente all’ampliamento di uno spiazzo lungo la sponda del Padenna (di cui parleremo in seguito), che scorreva sul punto in cui ora si erge il Palazzo Merlato.

Ad esempio di piazza San Marco, nel 1483 furono erette due colonne, in una delle quali fu collocato il leone di San Marco. Dal 1509, quando lo Stato Pontificio prese possesso della città, il leone venne sostituito dalla statua di San Vitale, mentre nell’altra perdurava il patrono Sant’Apollinare. La torre dell’orologio nacque dalla fusione di due chiese, delle quali i mosaici vennero restaurati erroneamente.

Adesso passiamo nel descrivere le vie: Fossa Augusta, via Roma dei giorni nostri, partiva dal porto di Classe e portava ad un ramo del Po, allora chiamato Eridano, durante i tempi antecedenti all’ascesa al potere di Galla Placidia; successivamente venne tombata e divenne un platea maio per le parate. Via Salara era il decumano (dal latino decumanus), ovvero la via che tagliava la città da est a ovest, mentre il cardine, meglio detto cardo, era via Oberdan, che divideva la città da nord a sud. Presso l’attuale piazza Kennedy era ubicato il foro.

Ravenna ha sempre dovuto fare i conti con l’acqua. Numerosi erano i percorsi d’acqua: i principali erano:il  Lamone, più a nord; Montone, poco più in basso, poi il  Bidente ed infine il Ronco.

Inoltre la città era cosparsa di torrenti, i quali percorsi, a detta dello studio di diversi storici, hanno tracciato negli anni alvei, incavi nei quali scorre un corso d’acqua, ben differenti tra loro. Le ragioni sono da attribuire al continuo sollevarsi ed abbassarsi del livello del suolo, ai terremoti e alle inondazioni a cui Ravenna è stata sottoposta negli anni. L’acqua giungeva dall’Appennino tramite un acquedotto ad arcate, di tipica architettura romana. Alcune basi di esse sono ancora visibili nel letto del fiume Ronco. L’acquedotto fu costruito all’inizio del II secolo e partiva nei pressi del duomo.

Il nostro percorso ha fine nel quartiere che erroneamente veniva chiamato Regio Augusti, dove sorge la chiesa di Santa Croce, o ciò che ne resta dell’antichissima basilica fatta erigere dall’Augusta Galla Placidia nella prima metà del V secolo, situata all’altezza del suo mausoleo, a destra della cancellata di San Vitale.

Fino a poco tempo fa si pensava che Galla Placidia, durante la notte, si recasse a Santa Croce per pregare. Ciò è facilmente smentibile poiché una donna non poteva correre il rischio di percorrere le strade della città senza essere accompagnata e difesa. In realtà si pensa invece che, l’Augusta, usufruisse della chiesa di San Giovanni Evangelista, in quanto limitrofa al palazzo imperiale.

Dell’originale chiesa di Santa Croce rimane ben poco. Nel 1602 la facciata è stata ricostruita e la navata antica, che ora è esposta indietro di 7 metri, si trovava molto più avanti e si collegava, insieme al nartece, ad una chiesa gemella, ora sottoterra per via della subsidenza, anche causa dello sprofondamento di Santa Croce stessa di 1,5 metri.

Riguardo il nartece originale non si hanno più informazioni e si ipotizza sia stato fatto sparire o rubato. Di autentico sono rimaste solo le basi di colonne dei porticati, che fiancheggiavano la chiesa, tracce del transetto e dell’abside originale, che non era semicircolare, secondo la tradizione, bensì quadrangolare.

Lo scavo che si trova accanto, coi suoi vari metri di profondità, ci dà lo spunto per ricordare che se si scavasse tutta la zona circostante  si troverebbero, come è già successo, molteplici testimonianze dell’esistenza di un vasto quartiere residenziale di epoca romana.

Dai dati in nostro possesso possiamo dedurre che c’era vita e lavoro. Il porto e l’arrivo della flotta aveva dato l’importanza a Ravenna che si era ampliata. Le nuove infrastrutture e l’aumento della popolazione erano gli aspetti che caratterizzavano l’assetto urbanistico nella metà del IV secolo.

LEONARDO ROMAGNOLI, MATTIA SANCHIONI, MARCO SICILIANO 2^D

 

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